II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)
- On 5 mars, 2023
Cercare il volto di Dio nella nostra vita comporta la disponibilità a metterci in cammino per cercare Dio. La conoscenza di Dio non è scontata e, soprattutto, non è un’esperienza intellettuale che possiamo desumere da libri. Ad essa conduce piuttosto la ricerca di un incontro personale: Dio ci precede, opera nella nostra storia in modo misterioso, per noi a volte anche molto oscuro. Qui sta il senso della Liturgia odierna che offre alla nostra riflessione il racconto della “trasfigurazione” di Gesù, il racconto di un volto che apparirà luminoso nella sua Pasqua, dopo il travaglio della passione e morte.
Non so quanto il canto di ingresso nelle celebrazioni eucaristiche della II domenica di Quaresima riuscirà a fare riecheggiare l’antifona d’ingresso, ma in quel breve versetto c’è un invito talmente deciso che è impossibile silenziare: «Cercate il mio volto!». Ce lo chiede Dio, ed è tutt’altro che banale.
Se la Quaresima è una possibilità in più per conoscerlo, allora un passo concreto da fare è: cercarlo, cercare il suo volto. E se riusciamo, non ammorbidiamo la Parola, non limiamo i suoi spigoli, non attenuiamo il suo impatto. Noi possiamo cercare e trovare il volto di Dio. Quando seguivo i bambini nel percorso di catechesi o iniziazione cristiana e poi, gli adolescenti non raramente mi chiedevano: «Ma tu hai visto Dio?». E me lo chiedevano fissandomi. Quasi a dire: «Dicci che è possibile!».
Ed effettivamente lo è. Sì, ne sono più che certa: è possibilissimo vedere Dio. Riconoscerlo. Lasciarsi raggiungere dal suo sguardo. Ma va tenuta sotto controllo una tentazione. Una subdola tentazione che oggi le letture ci mettono in faccia…
Dio non sta in nessuna delle tre tende che Pietro, Giacomo, Giovanni… e con loro un’infinità di discepoli hanno tentato di costruire.
Dio non sta nella terra di Abram né nelle nostre terre protette. Dio, il suo volto, la sua voce, il suo sguardo, le sue promesse sono sempre oltre il già raggiunto, il già sicuro, il già ovvio. La Bibbia più volte ci racconta di un Dio nella nube, inafferrabile ma presente. Un Dio che però ai suoi amici parla faccia a faccia. Abramo, Mosè, Elia: sono amici di Dio, hanno visto il suo volto, perché hanno avuto il coraggio di credere a un sentiero nel deserto, a una voce in un roveto, a un volto in una nube, a un silenzio presente. Nulla era certo. E ogni cosa aveva a che fare più con la follia che con la logica e la probabilità.
Ma noi siamo fortunati anni luce più di Abramo, di Mosè e di Elia: perché noi, esattamente come Pietro, Giacomo, Giovanni e tutti gli altri possiamo vedere Dio, perché possiamo vedere Gesù, l’Amato, il volto dell’amore. E possiamo vederlo, oggi esattamente come ieri, perché le sue parole e i suoi gesti che continuano a perpetrarsi nei secoli tra noi sono visibilità dello stesso Dio, del suo volto, della sua voce.
Adesso, forse o certo, mi direte: «Don Furio, sveglia! Questa è poesia. La vita è fatta di altro. In questa vita nessuno può vedere Dio. È più facile vedere in azione il demonio». E invece no! Continuo a crederlo e a vederlo. Fuori da quelle tre capanne (le nostre tre capanne), al di là della mia terra recintata, giù da quei monti protetti, fuori dalle strutture inamidate, accanto ai numerosissimi crocifissi e crocifisse che violenza, guerre, fame, indifferenza continuano a inchiodare a milioni di croci, lì Dio sta continuando a urlare: «Questo è mio figlio, questa è mia figlia. In lei, in lui io pongo tutto il mio compiacimento. Ascoltate le loro voci e ascolterete me. Guardate i loro volti e scoprirete me».
Cerchiamo il suo volto. Continuiamo a cercarlo instancabilmente. Dio continua a volere i nostri sì. Continua a chiederci di uscire per incontrarlo lì dove la vita chiede Vita.