XXIII DOMENICA PER ANNUM (C)
- On 7 september, 2025
Alla fine dell’estate, il Signore ci invita a farci due conti in tasca, come faremmo prima di affrontare l’ingente spesa di una casa nuova, per accorgerci che il nostro cuore ha bisogno di una pienezza che Dio solo può donare. Gesù non si propone come il fondatore di una filosofia o di una religione ma come l’unico in grado di portarci a Dio e di vivere in pienezza.
Ecco cosa faremo durante l’anno pastorale appena iniziato: cercheremo Dio. Non quello piccino delle nostre paure, dei nostri deliri, delle nostre ossessioni. Quello magnifico del Signore Gesù. Più grande della più grande gioia che siamo in grado di vivere.
«… non può essere mio discepolo!».
Si ripete, a ritmo forte e pesante, come se dovesse incidere su di noi qualcosa di incancellabile: È la frase che nel Vangelo della XXIII domenica si ripete per ben tre volte in otto versetti. E, ripetuta, risuona in noi non senza effetto.
Non so in voi, ma a me non lascia dormire sonni tranquilli.
La prima volta è preceduta da quel «se uno non viene a me e non mi ama più di padre, madre, moglie, figli…». La seconda volta è preceduta da: «chi non porta la croce e non viene dietro a me…». La terza, in conclusione del brano: «chi non rinuncia a tutti i suoi averi».
È una sorta di escalation da brivido: si va dall’amare di più al rinunciare a tutto. E in mezzo, a effetto sandwich, il colpo di grazia. Quale? Le due piccole parabole raccontate da Gesù che funzionano da «colpo di grazia» su tutto il resto. Perché? Perché ci dicono che quelle tre cose richieste dal Maestro, condizioni necessarie per essere suoi discepoli, non sono altro che mezzi necessari per «portare a termine» il cammino iniziato. Come a dire: non puoi volere essere discepolo di uno come Gesù di Nazaret e poi fare di testa sua, vivere secondo le tue idee, addomesticare la sua Parola, ignorare il suo comandamento.
Lui è chiaro, come sempre; a noi: prendere o lasciare.
Lui è dono totale, vita offerta, croce portata. E tutto questo con una buona dose di determinazione, pace interiore, apertura al mondo, prossimità, misericordia, gratuità. A noi è chiesto di andare dietro di lui, di imparare a stare al suo ritmo, anche quando questo richiede impegno e fatica.
E allora, che si fa? Prendere o lasciare?
Nel misurare però la nostra risposta non facciamo l’errore di puntare su noi stessi. I nostri «mezzi», «gli uomini che abbiamo a disposizione» non sono le nostre cose, ma è il suo amore. È lui a renderci capaci di rispondere al suo invito. Per cui fargli spazio significa imparare a seguirlo!