NATALE DEL SIGNORE 2020 MESSA DELLA NOTTE
- On 24 december, 2020
LETTURE: Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Cari fratelli e sorelle,
Stanotte desiderei che ci sentiamo uniti strettamente alla città di Betlemme, a ciò che essa rappresenta per la storia dell’umanità, con le sue gioie derivate a seguito della nascita del Messia duemila anni fa e a seguito del canto di pace degli angeli. Ma ci sentiamo pure strettamente uniti a tutte le sofferenze che il mondo intero sta vivendo in questi tempi, paesi e città, popoli e nazioni, che non aspettano altro che la tempesta della pandemia cessi per vivere, ma che vivono nel bel mezzo della tempesta. E nel mezzo della tempesta c’è Natale, con il respiro sereno e profondo della notte di Betlemme.
Tutto questo ci ricorda che il Natale 2020 è un po’ diverso dagli altri. E’ un Natale in cui la notte fisica di queste ore, è immagine di una notte spirituale, notte della fede e della speranza, notte che l’umanità sta vivendo a causa della pandemia del Covid, ma pure dei conflitti che dilaniano i popoli, delle inimicizie e degli odi che percorrono la terra. Ed è proprio in una notte come questa che nasce Gesù salvatore; è in una notte come questa che viene proclamato l’annuncio: Il Verbo, la Parola si è fatta uno di noi, carne debole come noi, ed è venuta ad abitare in mezzo a noi. E’ in una notte come questa che avviene quel mistero di salvezza, che come ogni evento cristiano, persino ogni autentico evento religioso, è insieme occasione di conoscenza di Dio e di conoscenza dell’uomo. Che ci permette cioè di capire un po’meglio chi è Dio e chi siamo noi
Considerato questo, il brano del vangelo proposto dalla liturgia per la Messa di questa notte di Natale, ci delude e ci appare povero di significati, almeno nella sua parte centrale.
Infatti i personaggi principali non pronunciano nessuna parola, sono muti. Il testo racconta di Giuseppe che salì alla città di Davide chiamata Betlemme, per il censimento, ma non dice nulla dei suoi sentimenti e dei suoi umori. Ci parla di Maria sua sposa, incinta, che venne con lui a Betlemme e li, silenziosamente, diede alla luce il suo figlio primogenito fuori dell’albergo, in una povera greppia di animali. Nessuna parola pronuncia Maria e, ovviamente, nessuna parola pronuncia il neonato. Si tratta dunque di un racconto che presenta una serie di umili gesti scanditi nel silenzio.
Sullo sfondo stanno i grandi gesti del potere politico: Cesare Augusto vuole il censimento di tutta la terra, per sottolineare il potere romano che si estendeva anche su tutte le più lontane provincie. L’evangelista non ci offre alcuna parola di commento.
Siamo di fronte a una pagina un po’ inedita rispetto a tanti altri brani del vangelo, ricchi di parole e di gesti di Gesù, pieni di simboli significativi, di profonde affermazioni religiose esplicite su Dio e sull’uomo. Siamo di fronte a un’estrema misura, a una inabituale povertà di mezzi espressivi.
C’è però un’eccezione verso la conclusione del brano: quella di un angelo del Signore che annuncia ai pastori, che di per sé sono fuori della scena centrale, una grande gioia: ”Vi è nato un Salvatore”. E poi una moltitudine dell’esercito celeste loda Dio, proclama la sua gloria nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama. Davvero straordinario il contrasto tra la povertà della scena centrale e la magnificenza della scena che fa da contorno. Proviamo a lasciarci penetrare da questo contrasto, senza pretendere di risolverlo in maniera facile, perché i misteri di Dio vanno contemplati e adorati lungamente in silenzio per essere da noi compresi.
Vi offro comunque una prima interpretazione. Anzitutto il Dio cristiano è una realtà difficile da capire e da descrivere. Non si può dedurre da principi generali, quasi geometrici, non è un Dio soltanto ”metafisico”, al quale si arriva con alcuni principi di ragione. E’ un Dio sorprendente, che occorre accettare così com’è, per scoprire poi la ricchezza e la sovrabbondanza di luce che egli rivela.
Una seconda riflessione interpretativa. Il Dio cristiano sembra qualificato da alcuni paradossi, da verità apparentemente al limite del buon senso e anche al di là del buon senso comune. Pensate: di fronte a Dio il piccolo appare spesso più importante del grande, il povero più del ricco, il disprezzato più di colui che è importante, il singolo più della moltitudine; e ancora, ciò che sulla terra è solitudine e umiliazione, può essere grande e glorioso in cielo.
Ci accorgiamo di entrare a poco a poco in una ”teologia e antropologia cristiana”, in un nuovo modo di capire Dio e l’uomo. Dobbiamo abituarci ad andare oltre le apparenze, al di là di quanto porta il sigillo della moda, del successo, del plauso della folla, dell’audience. In questa scena del Natale, attorno alla grotta tutto è silenzio, tutto è nascosto, come segreto.
Cominciamo cosi a comprendere perché il Dio cristiano ritiene importanti noi che siamo fragili e poveri; comprendiamo che gli siamo molto cari non perché molti bravi, ma perché molto deboli. Tutto quanto appare nella scena evangelica ha un significato unico: Dio ci ama gratuitamente, ci ama prima che noi lo amiamo ed è capace di sacrificarsi per il nostro bene.
Siamo invitati a prendere coscienza di non essere soli e abbandonati nel cammino della vita, di poter guardare in faccia senza eccessivo terrore e affanno gli eventi dolorosi di questi mesi e quelli che forse ci attendono. Il Signore nel Natale è venuto con noi e con noi rimane, non ci abbandona nella nostra povertà. Il Signore è con i più poveri e dona loro salvezza, vincendo l’ingiustizia della morte.
Andiamo dunque anche noi con i pastori fino a Betlemme”, per vedere ciò che è accaduto, andiamo là dove si trova la piccola fiammella che salva! E’ un invito per ciascuno dì noi questa notte.
Andiamo a Betlemme, impariamo a trovare la luce di Dio dovunque essa arde, a incontrare Gesù là dov’è: non nelle regioni irreali del sogno, non nell’illusione di una pace a buon mercato, non nelle grandi manovre della storia, ma nella realtà umile della nostra vita con tutte le sue contraddizioni e sofferenze. E’ li che, cercando la volontà di Dio e aderendo a tale volontà momento per momento, possiamo riconoscere Gesù con una gioia sempre più profonda.
Lo riconosceremo per mezzo della preghiera perseverante, pregando in silenzio questa notte vicino a Maria; lo riconosceremo nel suo sacramento d’amore ricevendo il perdono di Dio nella confessione e il suo corpo nell’Eucaristia; lo riconosceremo in ogni persona bisognosa della nostra attenzione e che forse, questa notte, non ha un letto su cui dormire o si trova ricoverata in terapia intensiva.
E ciò che auguro a tutti voi in questa notte santa, con tutto il cuore, è tanta gioia e tanta pace. Non una gioia e una pace superficiali, ma la gioia e la pace profonda nel cuore, la gioia e la pace di Dio, che non ci impediscono di partecipare e di sentire nostri tutti i dolori e le sofferenze dell’umanità, a cominciare dalle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle che ci stanno vicini. Questa gioia e questa pace che Gesù mette dentro di noi, possano entrare nelle nostre famiglie, nella Chiesa, nella nostra città e nella società per aprici a una più grande speranza! E così sia!