III DOMENICA DI AVVENTO 13 dicembre 2020
- On 13 december, 2020
LETTURE: Is 61,1-2.10-11; Lc 1,46-54; 1 Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce e a commuoverci davanti a questo bambino ignudi, no. Dio è venuto ma, ad accoglierlo, poca gente, particolare, che farebbe poco ”gossip” in questi (fragili) tempi mondani. Occorre svegliarsi per accorgersi di Dio, occorre avere la fiducia incosciente di Maria di Nazareth per cambiare il nostro destino.
E oggi, amici, il tema è quello della gioia. Una sottile frizzante tensione gioiosa pervade oggi la liturgia: Isaia ci invita a gioire perché il deserto fiorirà; Paolo, ancora più esplicito, ci invita ad essere sempre lieti. E’ bello questo: dopo la vigilanza e la disponibilità, il terzo atteggiamento indispensabile per accogliere il Signore che viene è quello della gioia. Ma la gioia non è granché diffusa tra i cristiani. Quando pensate a una cosa bella, gioiosa, memorabile, pensate a Dio? Non avete l’impressione che abbiamo talmente sottolineato l’aspetto crocifiggente della nostra vita da dimenticare il passo successivo, quello della resurrezione?
Paolo ci tira le orecchie, scuotendo la testa: non abbiamo ancora conosciuto il Dio della gioia. Eppure il Vangelo e l’intera Bibbia sono impregnati di gioia, a tratti di euforia. ”Ma come – sembra ammonirci san Paolo – hai conosciuto il Dio della tenerezza e della gioia, il Signore Gesù è venuto a manifestarti il vero volto di Dio, hai capito che sei atteso, accolto, amato e fai il muso lungo?”
So bene che ciò che dico è molto delicato: ci sono delle persone nella nostra comunità che vivono una vita segnata dal dolore. La gioia cristiana è, però, una tristezza superata. Scuotiamoci, allora, dal torpore! Il Dio della gioia vuole fare alleanza con noi! Il Dio della festa viene a visitarci! Cosa causa dentro di noi la tristezza? Gli avvenimenti? Le nostre attese deluse? Il vuoto? Tutte queste cose sono fuori di noi, ci stanno di fronte, non possono toccarci interiormente.. Approfondendo la Parola, Paolo ci dice di stare attenti a non ”spegnere lo Spirito”. Questa è la causa della nostra tristezza, mettere da parte lo Spirito, scivolare nell’inautenticità, perdere di vista l’orizzonte di fede nel quale mettiamo la nostra quotidianità.
Una seconda riflessione viene dallo strano colloquio del Vangelo. Avete notato che Giovanni Battista rifiuta di essere identificato con il Cristo: ”Io non sono il Cristo”, dice. E dice il vero! Alle volte la causa della nostra tristezza è che ci prendiamo per il Cristo, ci sostituiamo a Dio. Se il nostro riferimento ultimo siamo noi stessi, non pretendiamo di vivere nella gioia. Potremo magari vivere nel piacere, magari anche nell’eccesso.
Ma la vera gioia, quella dentro, la troviamo solo nel momento in cui riconosciamo in profondità ciò che siamo: creature di un Dio che ci ama. Un’ultima annotazione di approfondimento la troviamo ancora nella densa pagina di Paolo: ”tenete ciò che è buono”. Che significa? Significa, mi pare, che il Signore ci chieda di vivere delle cose del mondo con autenticità. Essere cristiani significa godere delle cose del mondo con semplicità e verità. Essere cristiani, lo vedete bene, non significa certo chiudersi in un tenebroso rifiuto delle gioie mondane. Al contrario! Se il Dio della gioia abita la tua vita, ogni cosa diventa fruibile e rimanda a Lui. Non avete mai provato in una bella gita estiva a lasciare che la gioia della bellezza che vi circonda raggiunga Dio? O davanti a un bel film, un concerto coinvolgente, avete mai sentito che l’emozione che sentivate, a ben viverla, vi portava nelle braccia di Dio? Insomma amici, non so più come ripetervelo: gioite nel Signore.
Questa gioia dovrebbe trasparire nelle nostre Eucarestie domenicali: nei canti, nei gesti, nell’accoglienza reciproca, nella voglia di stare insieme prima e dopo la celebrazione.
Veniamo riconosciuti dalla gioia che ci abita che diventa, credetemi, la migliore delle prediche, che risulta il più efficace degli annunci evangelici.
Il Signore ci conceda di prepararci al Natale ormai prossimo, presa coscienza dello straordinario avvenimento che ci attende, con il sorriso dentro…