V DOMENICA DI PASQUA (B)
- On 2 maj, 2021
LETTURE: At 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
Celebriamo oggi la Quinta Domenica di Pasqua.
Rimanere uniti a Cristo per portare frutto è la sfida del Vangelo di oggi. Portare frutto è sostanzialmente amare. La Liturgia odierna ci insegna che ogni nostra fecondità deriva dalla nostra adesione a Cristo, come i tralci alla vite, che vivono della linfa che da essa viene.
Per questo, nella gioia che il Signore risorto ci da di ritrovarci insieme per esprimere la vita di comunione, accogliamoci fraternamente e disponiamo i nostri cuori all’incontro con Lui nella Parola e nel Pane di Vita.
“In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.
Il linguaggio antico vedeva la ”gloria” come qualcosa di importante: si glorificava qualcuno importante, che ne so, un Re, una Regina, un Dio…
Oggi, non so quanti di voi sanno che cosa voglia dire ”glorificare”. Io stesso me lo chiedo, soprattutto perché spesso sento dire che ”Dio va glorificato”. Credo che questo, riferito a Dio, voglia dire che Dio è il massimo, Dio è il tutto…, Dio è il Top di ogni cosa…, Dio è… da Dio!!!
E come glorificare Dio? Qualcuno, nei tempi passati ha pensato di glorificare Dio con lodi, preghiere, inni di ringraziamento, incensi, ecc. Sicuramente non si era sbagliato.
Però, non vi pare che sia una gloria troppo umana?
D’altronde, è vero che nelle nostre liturgie (le messe, le adorazioni, le processioni) il linguaggio dei segni è ovviamente umano: usiamo gli stessi gesti che si usavano verso i Re, verso i Potenti della storia. E così, vedi le vesti liturgiche: sono di una bellezza sorprendente…, ed erano sicuramente così’ le vesti dei sovrani di un tempo. I sacerdoti, i vescovi, i cardinali e anche i papi, da sempre hanno usato vesti sontuose, per esprimere, nei momenti di preghiera, la realtà paradisiaca che si stava celebrando.
Però, finché le cose sono un segno, mi va bene. Non mi va bene quando questi segni sono, per alcuni, diventati importanti non per quello che dovevano trasmettere.
Ed eccoci al Vangelo di questa domenica, la gloria che Dio vuole è quella del diventare discepoli di Gesù. Attenti: Gesù dice che dobbiamo diventare suoi discepoli per glorificare il Padre. Vuol dire che tra lui e il Padre non c’è molta differenza.
E poi, ancora, la gloria di Dio è fare frutto. E allora, okay alle vesti belle nella liturgia (meno male, perchè certe volte ho celebrato in luoghi dove la bellezza non esiste!!!), okay anche agli incensi, segno di gloria e di celestialità…, ma la gloria che Dio vuole non deve essere il portare frutto? E allora, come fare?
Forse è il caso di iniziare a diventare cristiani…senza frammenti, senza compartimenti stagni. Sei cristiano sempre, sia che tu sia in Chiesa, sia che tu sia in discoteca; sia che tu sia a scuola, sia che tu sia sul posto di lavoro.
Non si è cristiani dicendo sempre al compagno: Gesù ti vuole bene. Si è cristiani vivendo i valori del cristianesimo. A scuola, devi essere onesto e così pure sul posto di lavoro. A casa devi praticare il perdono con tua moglie, tuo marito, i tuoi figli.
E così, credo che questi siano i frutti di un cristianesimo vissuto in pienezza.
Capite allora che la gloria del Padre vuol dire anche la nostra felicità? Che ne pensate?