XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A – 2020
- On 18 oktober, 2020
LETTURE: 2 Tm 4, 10-17; Sal 144; Lc 10,1-9
Dopo l’invito a nozze di domenica scorsa, il vangelo di oggi sembra proiettarci in tutt’altro contesto. In realtà il brano di Matteo è immediatamente seguente quello del banchetto del figlio del re. La parabola ha scosso, anzi ha indispettito ancora una volta i farisei. Questi non riescono a tenere il linguaggio di Gesù. Capiscono bene che Gesù si riferisce a loro quando parla di vignaioli omicidi o di invitati che non accettano, ma partono dal presupposto che quel Maestro è in errore dal principio e non aspettano altro che toglierlo di mezzo.
Non riuscendo ancora a farlo arrestare (ma mancherà poco), tentano di coglierlo in fallo su qualche argomento. Addirittura si coalizzano con gli erodiani, cioè i partigiani della dinastia di Erode, i più indicati per andare a riferire all’autorità romana la parola ostile verso Cesare che si voleva far dire da Gesù.
Ecco infatti l’occasione che si presenta: la questione del tributo da dare all’impero romano. Pagare la tassa al popolo oppressore era quanto di più umiliante un giudeo potesse compiere. Anche Gesù, maestro sapiente, deve prendere una posizione: È lecito o no? Dietro la domanda c’è la volontà dell’inganno, ieri come oggi: qualsiasi sia la risposta di Gesù, questa gli procurerà inimicizie. Se è favorevole, allora avrà contro i Giudei. Se dice che la tassa è illecita, sarà condannato dai Romani. Gesù svela subito l’ipocrisia farisaica e non risponde. Chiede una moneta, ne vede un’immagine, si informa di chi fosse. E poi sentenzia con la famosa espressione diventata poi una delle frasi più famose del vangelo.
Il detto di Gesù sembra voler dare indicazioni di come un cristiano deve comportarsi nella società civile. Noi cristiani infatti non siamo estranei al mondo. Direbbe la lettera a Diogneto “i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo… obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi”. Ci siamo dentro appieno, soggetti alle leggi, alle regole, ai comportamenti sociali, … alla dichiarazione dei redditi, alle tasse. È chiaro che il cristiano è chiamato ad essere onesto nella vita di ogni giorno, purché le leggi non contraddicano la legge di Dio. Il cristiano osserva la realtà che gli è intorno per capirne il significato; chiamato a dialogare con il mondo, deve avere un’opinione politica, sociale, economica, ma letta alla luce del vangelo.
Se il mondo pensa al profitto, il vangelo pensa all’uomo. Se la scienza dice che tutto è lecito, il vangelo ci dice che la vita va rispettata; se la legge vuol “andare al passo dei tempi”, la Chiesa va al “passo del vangelo”.
La storia riporta un’infinità di situazioni in cui il mondo ha tentato di cogliere in errore la Chiesa nei suoi discorsi e nelle questioni da affrontare. Attuali discussioni politiche ed etiche ce lo confermano. E, nel momento in cui anche uomini di chiesa si sono dati solo a Cesare, si è perso di vista il vangelo. Ma nell’ora in cui la Chiesa è stata fedele a Cristo, ecco che si è accerchiata – come succede oggi – di nemici pronti a cogliere gli errori…
Limitare il significato del vangelo di oggi a questo aspetto sociale sarebbe però riduttivo. Sì, dare a Cesare quel che è di Cesare…ma a Dio quel che è di Dio. e cos’è di Dio se non tutto? Riusciamo a trovare qualcosa al mondo che non sia in relazione a lui? Non è forse “il tutto della vita” che appartiene a Lui?
In questa domenica portiamo a Dio tutta la nostra esistenza quotidiana: gioie, dolori, attese, entusiasmi, delusioni. E, tra le righe del discorso di Gesù, ci accorgiamo che lui vuol parlare di un’altra moneta con un’altra immagine: noi stessi siamo la moneta di Dio.
Nell’uomo è inscritta infatti l’immagine del Creatore. È lui, l’uomo, la vera moneta da rendere a Dio. Ma questa moneta preziosa – e la vita umana non ha prezzo – può essere deturpata, sfregiata, intaccata. Aggiunge Sant’Agostino: “Se Cesare pretende di trovare la sua immagine nella sua moneta, non pretenderà Dio di trovare nell’uomo la sua immagine?” (Discorso 229).
L’uomo dunque va restituito a Dio nella sua bellezza originaria, libera da ogni deturpazione del male. Mentre Gesù parla, egli sa che da lì a poco sarà lui, venduto per trenta monete con l’immagine di Cesare, a pagare il riscatto, offrendo se stesso al Padre, per restituire all’uomo la somiglianza divina perduta.