XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)
- On 5 november, 2023
Oggi la Chiesa celebra la XXXI domenica del Tempo Ordinario.
Partecipando all’Eucaristia e accostadoci alla mensa del pane e del vino, troviamo in Cristo e da lui riceviamo la misura e il criterio della nostra autentica statura di cristiani. Offrendosi sull’altare della croce, Gesù realizza il suo comandamento: «Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Nello stesso tempo, egli ci ricorda che abbiamo un solo Maestro e un solo Padre, verso cui possiamo avere soltanto un atteggiamento filiale. Comunicando col Figlio per eccellenza, noi rinsaldiamo la nostra unità fraterna.
Che cosa fa la differenza nella nostra fede?
Che cosa ci rende credibili in ciò che annunciamo?
La nostra fede è fatta di parole, e questo è un gran valore. Ed è proprio dall’annuncio della Parola infatti che, attraverso le parole, la fede viene generata e accompagnata nel suo crescere. Eppure Gesù alle parole unisce i gesti, puntuali e fecondi. Parole e gesti sono uniti in un inscindibile legame: gli uni inverano e rafforzano le altre, e viceversa. Parole e gesti ci rendono testimoni autentici e credibili, annunciatori fecondi ed efficaci della fede, comunicatori significativi e appassionati di un rapporto con Dio che può davvero toccare e cambiare la vita.
Ma perché tutto questo sia vero non bastano le buone intenzioni. Non basta neppure essere convinti di riuscire a farlo. Anzi, proprio questo atteggiamento sarebbe il più rischioso: ci renderebbe molto simili a quegli scribi e farisei sedutisi «sulla cattedra di Mosè» contro i quali Gesù si schiera.
Umiltà e servizio dovrebbero essere gli atteggiamenti a cui aspiriamo, verso i quali tendiamo e che vorremmo diventassero in noi naturali come il respiro.
Ma chi tra noi fosse convinto in cuor suo di esserlo, forse dovrebbe fare un passo indietro. Dovremmo essere sinceri, e dirci con verità che tra noi discepoli di Gesù questi valori non sono molto presenti.
Le rivalità che indeboliscono i carismi, le comunità religiose e parrocchiali hanno il retrogusto dell’arrivismo, della competizione, dei primi posti. Le invidie che si respirano e che sono causa di impoverimento, anche vocazionale, non si nutrono, né nutrono, fraternità, condivisione, stima reciproca.
È come se ognuno di noi si impegnasse ad allungare frange e allargare filatteri; a porre pesi e fardelli sulle altrui coscienze.
Ma questa non è la via del Vangelo. Uno solo è il Maestro. Riusciremo a imparare da lui? Non a parole però, ma nei fatti e in verità?